La prima menzione della signoria del castello si trova in un documento risalente al 1178, relativo ad una disputa tra gli abitanti di Nago, Mori e Gardumo: tra gli arbitri della lite, infatti, viene nominato un Olderico detto di Brentonico e Castel Corno.
La fortezza sorge a circa ottocento metri di quota, poco sopra l’abitato di Lenzima, nel comune di Isera. Edificato sui massi staccatisi dalla parete rocciosa, il suo stesso nome deriva dall’audace posizione sugli enormi macigni isolati, che ne determina la somiglianza ad un corno.
Dalla fonte del 1178, si può dedurre un probabile legame politico e forse anche familiare dei signori di Castel Corno con i da Brentonico. A suffragare tale ipotesi c´è anche la decisione di Gumpone I di Castel Corno, nella prima metà del Duecento, di impedire il matrimonio tra sua nipote e Warimberto di Albano per motivi di consanguineità.
Secondo la tradizione storiografica, i signori di Castel Corno perdono il controllo sulla fortificazione nella prima metà del XIII secolo. Al momento dell’investitura del nuovo principe vescovo di Trento, Aldrighetto da Campo, scoppia una rivolta capeggiata dai nobili Jacopo da Lizzana e Umberto da Brentonico; nel 1234 le truppe vescovili attaccano e conquistano tutti i castelli dei rivoltosi, tra i quali anche Castel Corno. Dapprima affidato alla custodia di Aldrighetto di Toblino, con l’affermazione del potere podestarile di Sodegerio de Tito sulla città di Trento, nel 1242 venne concesso ai Castelbarco. Dai documenti emerge come la natura del feudo fosse di tipo condominiale: vi erano, quindi, diversi proprietari del castello. Nel 1256, infatti, un documento redatto al Castello del Buonconsiglio (domus nova episcopi), pur confermando la concessione ai Castelbarco, che peraltro vi avevano avviato dei lavori di ristrutturazione, stabiliva che Jacopino da Lizzana, come Sinibaldo di Castelcorno, potessero abitare le case che si trovavano sotto la fortificazione (sub cornu castri). Nella prima metà del Quattrocento la famiglia castrobarcense è scossa da dissidi e lotte intestine per il controllo di Castel Corno. Nel frattempo la struttura, come le altre difese della Val Lagarina, viene ristrutturata e ammodernata da un punto di vista militare; tali lavori sono forse dovuti anche alla crescente pressione dei Lodron, signori delle Giudicarie, sui feudi lagarini dei Castelbarco. Nel marzo del 1456 Castelnuovo, Castellano, Nomi e Castel Corno capitolarono dopo l’attacco subito da parte di Giorgio e Pietro Lodron, ma il vescovo Giorgio Hack (1446-1465) riesce ad ottenere la restituzione di Castel Corno pagando 600 ducati ai conquistatori. Il castello rimane di proprietà dei Castelbarco fino al 1499, quando, con la morte di Matteo, si estingue il ramo della famiglia che dominava Castel Corno, e il principe vescovo Udalrico Lichtenstein (1493-1505) concede quindi il feudo al cugino Paolo. I Lichtenstein conservarono la proprietà del feudo fino al 1759. Una volta restituito ai vescovi di Trento, inizia il suo lento e inesorabile declino.
Grazie a recenti restauri Castel Corno, oggi proprietà del comune di Isera, pur conservato allo stato di rudere è aperto al pubblico. I rilievi archeologici hanno permesso di ricostruire l’origine e lo sviluppo del castello: le mura vengono considerate gli elementi più antichi, risalenti ai secoli XI-XII. I terrapieni realizzati nei secoli successivi permettono un allargamento della superficie edificabile su cui si impostavano un castello superiore e uno inferiore; si può ipotizzare che tale articolazione fosse il riflesso della spartizione della proprietà nella prima metà del Duecento tra i da Lizzana e i da Brentonico.
E. POSSENTI, G. GENTILINI, W. LANDI, M. CUNACCIA (a cura di), Castra, castelli e domus murate. Corpus dei siti fortificati trentini tra tardoantico e basso medioevo. Apsat 5, pp.79-83. Mantova 2013.
U. RAFFAELLI, Castelli del Trentino, Trento, 2007.
A. GORFER, I Castelli del Trentino, vol. IV, Trento, 1994.
AAVV., Castel Corno in mostra: ricerche. Calliano 1991.
A. GORFER, I Castelli del Trentino, vol. I. Trento 1985.